Sulle accuse di plagio al “Manifesto degli economisti contro la disoccupazione in Europa”

Secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano di domenica 4 febbraio, un rapporto commissionato dall’IMT di Lucca utilizzerebbe un testo pubblicato sulla precedente serie della nostra rivista (all’epoca pubblicata con il nome BNL Quarterly Review) per sostenere che il plagio è un’attività consueta tra gli economisti. La relazione, firmata da Enrico Bucci, scrive che “questo lavoro … contiene numerosi brani tratti da testi precedenti … a conferma di uno standard diffuso nel settore”. Questa affermazione è fuorviante.

Anzitutto, il “Manifesto contro la disoccupazione in Europa” (“An Economists’ Manifesto on Unemployment in Europe”), come dice il titolo stesso, non è un articolo scientifico ma un appello di natura politica – seppur scritto da premi Nobel e alcuni tra i principali intellettuali del secolo scorso. Per chi non avesse capito il titolo, la prima nota alla prima pagina del testo invita i colleghi economisti a manifestare la propria adesione firmando il testo, se ne condividono lo spirito di fondo. Di nuovo: è evidente che non si tratta di un articolo scientifico.

Ma la stessa prima nota, sempre alla prima pagina, segnala chiaramente che esiste una precedente versione del Manifesto, che quel lavoro modifica solo in parte, pubblicata in italiano nel volume Sviluppo economico ed occupazione, a cura di B. Moro. Se questa è la fonte cui si riferisce Bucci, il lavoro preso ad esempio dimostra solo che per gli economisti le note a piè di pagina sono importanti!

Utilizzando il software Compilatio, a disposizione del nostro Ateneo per verificare eventuali plagi da parte degli studenti, abbiamo verificato che il testo contiene due capoversi, pari a molto meno dell’1% del testo, non identici ma molto simili a due passaggi tratti da articoli precedenti di uno degli stessi autori del Manifesto, D. Snower.

In un manifesto politico in cui economisti usano la loro esperienza per fare proposte concrete, non è incredibile che qualcuno faccia riferimento alle proprie ricerche precedenti, e chi fosse interessato al dibattito scientifico troverebbe il riferimento bibliografico dell’articolo precisamente citato nel volume indicato alla prima nota a piè di pagina (ci spiace essere pedanti con Bucci, forse l’uso del suo settore disciplinare è di trascurare le note).

Ma soprattutto è ben diverso riportare due passaggi da un proprio testo precedente (per di più all’interno di un intervento ‘politico’ e non di un articolo scientifico) rispetto a utilizzare testi scritti da altre persone, senza citarle. Il secondo è un caso di plagio, che consiste nel rubare le idee di qualcun altro.

Non sappiamo se questo è quanto ha fatto la ministra Madia, come alcuni accusano, ma sfidiamo Bucci a verificare su qualsiasi lavoro scientifico di economisti integerrimi come Modigliani, Solow, Sylos Labini o gli altri firmatari del Manifesto, o su qualsiasi articolo scientifico pubblicato nella rivista da noi diretta (ora con il nome PSL Quarterly Review) o sulla sua consorella in italiano, Moneta e Credito, o su un campione casuale di scritti di economisti, se il plagio è davvero una prassi comune.

In realtà, siamo a conoscenza solo di due casi importanti di plagio tra gli economisti, di cui uno di oltre trent’anni fa, e che in entrambi i casi hanno provocato reazioni assai dure da parte della nostra comunità. Se Bucci desidera sapere di più sulla professione dell’economista, sull’importante ruolo politico e sociale che ricopre, lo invitiamo a leggere gli articoli da noi pubblicati (tutti gratuitamente disponibili online) nelle Recollections, la serie di profili autobiografici dei maggiori economisti internazionali.

Ci preme infine ribadire l’assoluta correttezza degli autori del Manifesto, uno dei quali, Paolo Sylos Labini, non solo ha identificato nella moralità e nello sviluppo civile una delle fonti dello sviluppo economico del paese (o del suo sottosviluppo), ma ne ha anche fatto uno stile di vita personale.

La recente crisi economica, e le politiche di austerità con cui l’Europa ha risposto, hanno mostrato ancora una volta le enorme ricadute degli errori e dei pregiudizi degli economisti. Già nel 1998 il Manifesto tirato in ballo da Bucci segnalava che le politiche europee devono cambiare, per poter contribuire al benessere dei cittadini. Ma proprio per le terribili conseguenze delle teorie economiche, gli economisti hanno un’enorme responsabilità. Soprattutto quelli con idee contrarie all’ideologia attualmente dominante devono farsi cittadini attivi, scrivere manifesti politici e non solo articoli scientifici, e dovrebbero ispirarsi al rigore, scientifico e morale, di maestri come Paolo Sylos Labini.

Alessandro Roncaglia, presidente, Economia civile

Carlo D’Ippoliti, editor, PSL Quarterly Review e Moneta e Credito